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DI PUGNI E COMMOZIONE



Il titolo suona strano, io che su questo blog spesso parlo di pace, intitolo un nuovo post in questo modo.


E’ un titolo fastidioso ma necessario. Partiamo con ordine: la sera del 6 dicembre 2022, per un intreccio particolare di relazioni, abbiamo la fortuna di ospitare a Bovezzo la presentazione del libro di Adriano Franzoni Di Pugni e di Cuore. L’uomo, la donna, il campione. La storia di Natale Vezzoli. Ho conosciuto Adriano una sera, dopo uno scambio di telefonate, per una breve riunione. Mi dice che ha scritto questo libro per rendere giustizia ad una storia e ad un uomo che per umiltà e per scelta non ha ricevuto l’eco che avrebbe meritato. Una storia incredibile che deve essere conosciuta. E in più lo ha fatto per contribuire ad una causa ancora più importante: sostenere con la vendita dei libri l’Associazione Italiana RETT, la cui sindrome colpisce le bimbe con gravi disturbi del neurosviluppo.


Mi colpisce la passione del suo racconto e lo scopo, prendo tutto il materiale ed il libro e finalmente arriviamo alla serata concordata.


Ci troviamo in Sala Consiliare con un po’ di anticipo così insieme a Lionello Drera, papà di una ragazza con sindrome di RETT, Adriano Franzoni l’autore e Natale Vezzoli il campione iniziamo a conoscerci. La stretta di mano di Natale mi piace e mi dà sicurezza, una stretta decisa che accompagna un viso vivace e due occhi sorridenti.


Iniziamo nonostante le assenze per l’influenza che non ci permettono di avere una sala piena quanto avrei voluto; decidiamo che il primo intervento sarà di Lionello, lo scopo finale è quello di raccogliere finanziamenti per l’associazione e Bovezzo si è sempre contraddistinto per sensibilità e generosità.


Le parole che dice sono macigni che mi colpiscono: “Avere una figlia disabile, rende tutta la famiglia disabile”, “E’ come un pugno che ti colpisce inaspettatamente”, “c’è ancora tanta ignoranza rispetto a questa sindrome e la nostra pediatra all’inizio non ci aveva consigliato di frequentare l’associazione “potreste vedere delle cose spiacevoli”, ma se non ci fosse il centro, se non ci fosse l’associazione, noi ora saremmo completamente soli con un pezzo di carta che certifica la sindrome e basta”.


Queste ultime parole mi scuotono: e noi? Noi come politica cosa facciamo di fronte a queste diversità? Nulla o comunque davvero troppo poco. Sento che sto per commuovermi, cerco di resistere che ora devo iniziare a moderare l’incontro; prendo un bel respiro e ringrazio pubblicamente Lionello, che ci ricorda il mandato più alto che ha la Politica: rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono una vita degna e una partecipazione piena a tutte e tutti i cittadini e una comunità, per essere davvero tale, dovrebbe affrontare insieme le fatiche e provare ad avere una visione, una prospettiva, comune.


Lo ringrazio anche perché ci dà l’occasione di pensare a cosa è veramente importante e in parte le scelte che ha fatto Natale hanno proprio riguardato quest’ultimo aspetto: ciò che ha considerato imprescindibile e non ha voluto sacrificare.


Gli occhi sorridenti di Natale e l’entusiasmo di Adriano nel raccontare come si è arrivati a creare questo libro, mi fanno ridere più volte. Parto subito chiedendo a Natale che cosa ci vuole raccontare del suo essere scolaro-contadino e del suo rapporto con la scuola. Risponde in modo perentorio: “Fatemi lavorare tanto, ma non con la testa! Di studiare non ne avevo voglia. Fin da quando avevo 5 anni avevo deciso che la scuola non era il mio posto, mi mettevo a giocare in giardino con tre suore che mi guardavano, iniziavo a raccogliere i sassi, uno qui, uno là, guarda che bello quello lì in fondo e piano piano mi avvicinavo al cancello, quello con gli spuntoni che c’è ancora adesso…e una volta che ero vicino, prendevo la rincorsa e viaaa, scappavo fuori, con le tre suore che a quel punto iniziavano a corrermi dietro, ma io ero più veloce. Poi sai una cosa? Volevano farmi mangiare le patate, ma a me non piacevano proprio e allora scappavo…”


Non riesco a trattenere le risate mentre immagino la scena di questo bimbo piccolo di statura, ma con le idee ben chiare e con una vivacità fuori dal comune. Ci racconta come aveva iniziato a guidare il trattore a 7 anni e le acrobazie che doveva fare, così come nel mungere le vacche. Sembra una vita di altri tempi e invece stiamo parlando degli anni cinquanta nella campagna rurale di Gussago. Gli aneddoti riguardano la famiglia contadina, lavoratrice: mamma Giulia e papà Vittorio non sembrano apprezzare la sua nuova passione per il pugilato e Natale decide allora di lasciare la palestra per rispettare il volere dei suoi genitori. Un giorno però, andando insieme da un amico di famiglia, riceve la fatidica domanda: “allora come sta andando in palestra?” Natale guarda i genitori e smentisce dicendo che non sta più andando; a quel punto i genitori sorpresi gli chiedono spiegazioni e così capisce che anche loro nonostante tutto sono dalla sua parte. Si sente leggero e ora vuole raggiungere il suo obiettivo, diventare il migliore, emergere.


La sua vita non cambia: corsa mattutina, lavoro in officina fino alle 17 e poi palestra; quando la stanchezza non è troppa riesce a salutare anche Rosalba, che piano piano sta conquistando il suo cuore.


Mi piace ascoltarlo, ci divertiamo e mi piace la sua schiettezza, la sua estrema coerenza di pensare una cosa e di farla, nonostante sia controcorrente o impopolare. Racconto che nel leggere il libro, in alcuni punti per vedere come andava a finire, “sbirciavo” in avanti e una volta tirato il fiato, riprendevo a leggere come si svolgeva tutto il match.


Gli dico che è stato bello ritrovare in più occasioni la cena post incontro con il proprio rivale. La battuta è pronta ed è tagliente: “siamo sportivi veri noi, mica come i calciatori”.


Alla domanda “Come mai non ti sei voluto dedicare solo alla boxe?” La risposta è lapidaria: “la boxe un giorno c’era il giorno dopo poteva non esserci più, io volevo emergere e l’ho fatto, continuando a lavorare e a versare i miei 40 anni di contributi”. E Chissà cosa avrebbe potuto fare se si fosse dedicato in modo esclusivo a questo sport, anche solo per un periodo e magari con un entourage più strutturato, ricorda Adriano Franzoni… E’ arrivato ad essere quarto al mondo e non gli è stata data la chance mondiale.


Penso che sia un peccato che ancora oggi le condizioni di partenza siano un ostacolo reale alle traiettorie di vita di migliaia di ragazzi e che le dinamiche di potere condizionino in modo così forte ed evidente alcuni settori. E’ un peccato, ma Natale sembra non preoccuparsene: “Con i soldi della boxe ho costruito una bella casa”.


Termino la serata leggendo queste parole “Nato tra i vinti ha saputo approdare tra i vincitori, senza trucchi e senza inganni, cosa assai rara; solo tanta fatica, tanta determinazione e tanta sofferenza, ma sempre con gioia ed onestà. Ha preso in mano la sua vita e l’ha affrontata, a muso duro ma col cuore in mano; di pugni e di cuore, appunto, e ha vinto”.


E’ stato un incontro di quelli che toccano nel profondo e uniscono sport e valori, sport e sportività, quella sincera che si mette anche al servizio degli altri.


E’ vero il pubblico non era numeroso, ma nonostante tutto è importante continuare a creare occasioni per esplorare quella vastità di esperienze che come uomini e donne realizziamo e per continuare a crescere insieme come comunità senza lasciare indietro nessuno.


La prossima occasione per incrociare questa storia insieme a tante altre è l’Oscar dello Sport del Comune di Bovezzo: 15 dicembre alle 20.30, presso l’Auditorium Martinelli nell’oratorio Paolo VI. L’occasione per comprare il libro, ascoltare un poco e fare del bene!



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