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IN CAMMINO PER L'ACCOGLIENZA



IL MIO INTERVENTO DI APERTURA ALLA MARCIA DELL'ACCOGLIENZA:




Marcia per l’Accoglienza 15 ottobre 2022


Noi […] decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella DIGNITA’ E NEL VALORE DELLA PERSONA UMANA, NELLA EGUAGLIANZA DEI DIRITTI DEGLI UOMINI E DELLE DONNE E DELLE NAZIONI GRANDI E PICCOLE, e a creare le condizioni in cui LA GIUSTIZIA e il RISPETTO degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti, a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà e per tali fini praticare la tolleranza e a vivere in pace l’uno con l’altro in rapporti di buon vicinato, ad unire le nostre forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale….


Noi abbiamo risoluto di unire i nostri sforzi per il raggiungimento di tali fini.


No, non è un passo di qualche romanzo utopico o di qualche fiction sul migliore dei mondi possibili… ho omesso volutamente una prima parte. Quel noi iniziale è noi POPOLI DELLE NAZIONI UNITE. Vi ho letto il preambolo dello statuto delle nazioni unite. A volte sembra che per parlare di dignità, uguaglianza, diritti dobbiamo immaginare percorsi nuovi, essere creativi o trovare forme di legittimazione. No, dal 25 giugno del 1945 questa carta ce lo ricorda e ci dà anche un contesto istituzionale dove si dovrebbe trovare questo sforzo e questo impegno.

Siamo qui alla Marcia dell’Accoglienza, in tanti, per ribadire che crediamo in un mondo diverso. Un anno fa ci siamo trovati qui e pensavamo di aver già visto abbastanza: avevamo negli occhi le immagini dall’Afghanistan, di una vicenda che con forza ci restituiva tutti i non sensi, le contraddizioni, i soprusi di politiche e scelte non fatte per il bene comune ma per l’affermazione del proprio potere. E di come le vite di questi popoli siano usa e getta da usare quando ci viene comodo e buttare quando serve e peggio tenere per giorni, mesi, anni, confinati in quel perverso meccanismo della non accoglienza dei campi di confinamento e delle rotte. Ieri sera guardavamo un pezzetto di un video che ha realizzato il Bording violence Monitoring Network dove un giovane ragazzo afghano diceva che le varie polizie incontrate lungo i confini pensano che a loro – le persone in fuga – non importi della propria vita, altrimenti non lo farebbero. Sono soli, non hanno famiglia con loro e quindi continuano ancora troppo spesso sui confini materiali, immateriali, normativi a morire.


Io penso che purtroppo oltre che brutale sia conveniente pensarla così a tutti i livelli.


Pensiamo al Memorandum d'Intesa tra Italia e Libia che scadrà nel febbraio 2023 che ha prodotto negli ultimi 5 anni almeno 82.000 respingimenti in Libia ma sarà rinnovato automaticamente per altri tre anni se le autorità italiane non lo annulleranno entro il 2 novembre 2022.


Poi Sono loro che non hanno a cuore la loro vita….


E ma “non possiamo farci carico di tutti i rifugiati delle guerre”, poi accade che in pochissimi mesi, l’Unione Europea è capace di accogliere 8, 5 milioni di persone in fuga dalla guerra in Ucraina, 153.968 in Italia con un permesso di protezione temporanea, tanti degli Enti Locali hanno garantito mensa, ospitalità, corsi di italiano anche senza documenti, c’è stato un tam tam di solidarietà che ha messo ben in evidenza che se si vuole si può cambiare politiche e quindi azioni per un’accoglienza degna delle persone in fuga.


E quindi quali compiti a casa?

  • Lavorare per un sistema di accoglienza allargato, che coinvolga sempre più enti locali, più strutturato che possa in sinergia con le altre istituzioni e associazioni garantire dignità e diritti alle persone in fuga. Sappiamo che Brescia è “avanguardia” con i propri sistemi di accoglienza e integrazione ma sappiamo quanta strada ci sia ancora da fare. SPRAR, SIPROIMI ora SAI, chiediamo che la politica al di là del cambiare le sigle garantisca diritti e sicurezza alle persone in fuga. Le leggi dovrebbero normare i fenomeni con una visione per il bene comune e le comunità, non rendere le persone illegali e discriminare. Dare dignità alle vite che hanno subito violenze sistematiche non imprigionarli in limbi normativi ed economici che generano e alimentano il sommerso e ulteriori situazioni di vulnerabilità e fragilità.

  • Insistere per una narrazione diversa. I tempi che si prefigurano date le recenti elezioni ci impongono un lavoro ancora più forte e capillare per contrastare quelle parole d’ordine che hanno orribilmente trovato spazio nell’ultima campagna elettorale, pensiamo al basta sbarchi (anche qui piccolo dato, 153.000 ucraini vs 57.000 sbarchi nel 2022), allo stop all’immigrazione e via dicendo. Una narrazione diversa perché la verità dei dati, dei bisogni anche in chiave economica dei territori, è diversa.

  • Costruire un mondo equo e solidale. Sembra uno spot ma non lo è. E’ urgente una revisione del nostro modello di sviluppo, anche i recenti fatti ce lo dicono. L’emergenza (poi le chiamiamo così ma sono semplicemente le conseguenze di nostre azioni): L’emergenza

ambientali, migratoria, sociale, energetica e sanitaria impongono a tutte e tutti una revisione attenta, sobria e responsabile degli stili di vita. Camminiamo quindi insieme con la consapevolezza che lo sfruttamento intensivo delle risorse ambientali produce degrado sociale, povertà, emarginazione ed è causa di conflitti, alimentando una cultura di guerra.


Ho qui con me una copertina termica di quelle che per le persone in fuga diventa un vero e proprio strumento salva vita. Oggi camminerò con questa addosso per ricordarci purtroppo come lo abbiamo fatto diventare un simbolo, riconoscibile e doloroso della crisi migratoria e in solidarietà a tutti quei figli della guerra, dell’instabilità economica e climatica, delle persecuzioni e dell’intolleranza, che affrontano ogni giorno pericoli e violenze per raggiungere la fortezza Europa.


Camilla Bianchi




In onda su: www.rainews.it




Ph: Christian Penocchio





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