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Viva la Resistenza, Viva la Libertà, Viva la Repubblica, Viva l’Italia.

Oggi è stata un'emozione camminare tra i sentieri della libertà. Di seguito il mio intervento commemorativo, in qualità di Presidente del Coordinamento degli Enti Locali per la Pace e la Cooperazione Internazionale.


Eccoci!

Vi ringrazio nuovamente per l’invito, per poter essere qui, oggi, insieme a celebrare il 25 aprile, a 78 anni dal giorno della Liberazione dal nazifascismo.

Lo facciamo in questo luogo, su questi monti che tanto amo e che tanto hanno subito in termini di giovani e meno giovani vite spezzate. Lo facciamo insieme perché il valore che la Resistenza ci consegna con ancora più forza, è che insieme si cambiano le cose.

In questo mondo in cui rincorriamo il successo personale e la performance, oggi facciamo memoria anche di questo: la Resistenza come comunità che ha lottato per degli ideali e delle pratiche: per la libertà, per la giustizia, per la democrazia. Non è bastato il gesto eroico di un singolo, ma l’organizzazione capillare di donne e uomini, un’organizzazione capace di superare vallate, di collegare pianura e montagne, di muoversi ed agire, al di là della paura, al di là della propria morte.

Muoversi ed agire perché contrari alle ingiustizie perpetrate dai nazifascisti, ai soprusi ai danni dei più deboli e inermi, allo sfregio della vita, ad una visione del mondo in cui la conquista e il potere fanno da padroni. Una ribellione anzitutto morale ed etica, una ribellione pagata cara ma che ci ha consegnato un Paese libero e liberato, una prospettiva democratica, un’urgenza di pace e di giustizia.

Sono stati atti di coraggio e di altissima generosità, che hanno visto al centro i giovani. Spesso, fin da bambina mi sono interrogata, come penso ciascuno di noi, davanti alle lapidi dei nostri cari fratelli e sorelle guardando quelle età minute. Vite così vicine all’adolescenza ma così adulte nelle scelte e nelle azioni. Giovani e meno giovani che davanti alla crudeltà diventata regola, al sopruso diventato abitudine, alla violenza regolatrice tra gli uomini, hanno scelto di non starci. Hanno scelto di non rimanere indifferenti, hanno scelto la fatica di combattere, di imbracciare le armi, di percorrere sentieri, di trovare rifugio tra queste montagne. Hanno scelto di non piegarsi, di sacrificare la propria vita e i propri affetti per un’altra visione del mondo, per un’altra possibilità e modalità di stare insieme.

E noi non possiamo che essergliene profondamente grati.

E ora tocca a noi, tocca a noi continuare a costruire quel mondo per cui i nostri compagni e le nostre compagne hanno lottato, mettere in pratica e pretendere che la nostra Costituzione antifascista non rimanga un documento ben scritto, ma sia sempre un documento ben praticato. E perché sia viva ha bisogno di tutta la nostra energia, competenza, passione perché ciascuno di noi ne è il motore. Tutti noi, con le nostre pratiche, con i ruoli che giochiamo nella società siamo il motore della nostra Costituzione. Dobbiamo quindi, in tutte le sedi che ci vedono partecipi, continuare ad esercitarla, perché la pratica democratica e la libertà non si danno una volta per tutte. Dobbiamo vigilare ed essere esigenti con la Politica che deve essere competente, al servizio di tutte e tutti, per il Bene Comune. Dobbiamo essere affezionati alla Politica, volerle bene, impegnarci affinché continui a garantire la visione del mondo per cui i ribelli e le ribelli che ci hanno preceduto hanno lottato. A volte ci si sente soli e poco rappresentati, ma è proprio in questo momento che non dobbiamo far mancare il nostro impegno e il nostro entusiasmo, non dobbiamo lasciare il posto ad altri, non dobbiamo permettere che narrazioni distorte e pratiche ancora più aberranti diventino prassi, che i diritti vengano calpestati.

Insistere e Resistere per continuare ad esistere. Per farlo è importante dotarsi di strumenti essenziali: una pratica e una visione.

Ve ne riporto due, ma ciascuno di noi può pensare alla propria cassetta degli attrezzi per mantenere alta la democrazia nella nostra amata Italia.

Per me uno strumento fondamentale è l’educazione: Io amo questa parola perché ci dà il tempo e la misura di un processo in cui ciascuno può contribuire. Educare come EDUCERE tirar fuori ma anche come EDERE, nutrire, nutrimento. E ciascuno di noi a volte ha bisogno di qualcuno che lo sproni a tirare fuori ciò che di bello e buono ha dentro ma abbiamo anche bisogno di qualcuno che ci abbia a cuore e che ci nutra. Educare non è mai neutro, abbiamo bisogno di un’educazione partigiana che metta al centro la pratica democratica. Anche la scuola in questo può contribuire.

Io sono figlia di una scuola partigiana, la Rinascita, un’esperienza nata già nel 1945 in alcune città d’Italia, da partigiani per offrire un’occasione di formazione professionale ai giovani che non avevano potuto frequentare una scuola a causa della guerra. Una proposta pedagogica innovativa ancora ai nostri tempi. Un modello di scuola partecipativo e democratico in cui lo studente protagonista del suo apprendimento, si cimenta nella vita sociale imparando a lavorare in gruppo, a prendere decisioni collettive e a discutere dei problemi sotto la guida dei professori. La scuola diventa così il luogo in cui si impara ad essere cittadini a pieno titolo per una “rinascita” culturale e morale dell’Italia. Un’educazione che consente a tutte e tutti di coltivare e far fiorire i propri talenti al di là del contesto di partenza. È un’educazione di cui c’è estremo bisogno per diminuire le disuguaglianze sociali sempre più crescenti nel nostro paese.

E infine una visione: mi avete chiamato in qualità di Presidente degli Enti Locali per la Pace e la Cooperazione internazionale, e la parola pace al momento è comparsa una volta sola.

L’urgenza di pace che ci consegnano i nostri predecessori sembra scontrarsi con la rassegnazione di quanto sta accadendo nel mondo. Leggiamo oggi dell’evacuazione di nostri connazionali dal Sudan, la guerra in Ucraina non sembra vedere fine, i finanziamenti mondiali agli armamenti hanno raggiunto quest’anno il record storico di 2.240 miliardi, con un aumento di 127 miliardi sul 2021, più dei 100 miliardi promessi e mai raggiunti per mitigare la crisi climatica.

Dopo questi dati sembra utopico parlare di pace. È un orizzonte impossibile. Invece vi propongo di cambiare prospettiva, partiamo dal qui e dall’ora, partiamo dal noi. Dalle nostre comunità. Essere Comunità è essere molti, con una pluralità di idee, con una pluralità di sguardi, non sempre essere d’accordo. Le Comunità sono i nostri paesi, le nostre città e pensiamo a quanto in guerra siano allo stesso tempo le più colpite e quelle più vicine alle persone, lo abbiamo visto 80 anni fa, lo vediamo ora. I sindaci qui presenti ne sanno qualcosa. In quest’ottica il lavoro di sensibilizzazione e promozione per sviluppare una cultura di Pace è un lavoro quotidiano, capillare ed intergenerazionale che vede impegnate tutte e tutti noi. Ha bisogno però di testimoni credibili e persone autentiche, di maniche rialzate. È un lavoro da artigiani, di sguardi accorti e mani laboriose.

E’ un lavoro che nasce dal sangue versato dalle giovani vite spezzate che oggi commemoriamo ma che deve trovare nella nostra vita continuo slancio per costruire insieme un mondo più giusto e umano!

Viva la Resistenza, Viva la Libertà, Viva la Repubblica, Viva l’Italia.




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